BMCR 2007.04.34

Studi sul Teatro Greco. Supplementi di Lexis, XL

, Studi sul teatro greco. Supplementi di Lexis ; 40. Amsterdam: Adolf M. Hakkert, 2006. 149 pages ; 26 cm.. ISBN 9789025612115. €36.00.

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L’ultimo prodotto della collana di Adolf M. Hakkert, Supplementi di Lexis, non ignota agli specialisti di teatro antico, si inquadra nell’ambito di un programma di ricerca nazionale sul Teatro greco coordinato dall’Università di Cagliari e si articola in tre contributi di Debora Cilia (D. C.), Giacomo Mancuso (G. M.) e Paolo Cipolla (P. C.), qui di seguito trattati secondo l’ordine di apparizione nel libro. Nella prefazione gli autori informano il lettore sui criteri che accomunano i tre saggi:

La ricerca si è mossa lungo due direttrici: da un lato, la critica e l’interpretazione dei testi teatrali del V secolo, dall’altro l’analisi della loro ricezione da parte delle età successive, con particolare riferimento a quella tardoantica.

Il primo lavoro, Ricerche sui colloquialismi delle ‘Tragicae personae’ nel dramma satiresco di D. C. (pp. 7-67 incluse tavole comparative e bibliografia in calce), originato dalla sua tesi di laurea, si propone una utile verifica della fortunata teoria dei due livelli linguistici dei personaggi del dramma satiresco, secondo la quale gli dei ed eroi manterrebbero anche nel genere satiresco una dizione elevata rispetto agli altri personaggi, teoria già messa in dubbio da alcuni (ad es. Seidensticker e Di Marco: cfr. p. 12 nota 24).

Nel primo capitolo, come antefatto non ininfluente alla sua trattazione, l’autrice offre una lista di categorie per l’individuazione dei colloquialismi aggiornata rispetto a quelle indicate da P. T. Stevens, Colloquial Expressions in Euripides, Hermes Einzelschrift 38, 1976.1 Dopo una succinta premessa sull’uso dei colloquialismi negli altri due generi drammatici, l’autrice focalizza l’attenzione sul dramma satiresco, il quale, sebbene considerato sottogenere della tragedia, si avvale abbondantemente di colloquialismi, volgarismi, parole d’uso quotidiano o pertinenti alla sfera sessuale e culinaria che non permettono confusione con il genere tragico. D. C. procede quindi all’elenco delle tipologie utili all’indagine sulla dizione. Oltre ai colloquialismi riconosciuti da Stevens (ad es. σύ con l’imperativo, μόνον o δή con l’imperativo, frasi incidentali quali ὡς μάθῃς, ὡς ὁρᾷς) l’autrice ne annovera altri tre non inclusi nelle ricerche precedenti e fondamentali per l’individuazione della dizione colloquiale: in primis la cosiddetta micro-pianificazione della lingua parlata, che utilizza una costruzione linguistica più o meno frammentata, con prevalenza di paratassi, frasi ellittiche completate da fattori extralinguistici, sospensione del soggetto, anacoluto, iperbato, frasi parentetiche. La seconda tipologia non inclusa in Stevens consiste nei proverbi, ‘pillole’ di saggezza popolare accessibili a tutti e pronti per l’uso. Terza tipologia è costituita dal lessico concreto della vita quotidiana, dal commercio al convito alla cucina alla sfera fisiologica e sessuale.

Nel secondo capitolo le suddette tipologie sono applicate ai testi attraverso l’analisi di alcuni versi appartenenti ai seguenti drammi satireschi: Diktyulkoi e Theoroi o Isthmiastai di Eschilo, Ichneutai di Sofocle e il Ciclope di Euripide. Nei Diktyulkoi (F 47a, vv. 765-785) D. C. ravvisa in bocca a Danae approdata col piccolo Perseo a Serifo tre espressioni colloquiali in 13 versi, che accostate ad altre dal sapore tragico, rendono l’eroina una parodia di figure femminili tragiche. Il dramma Theoroi (F 78a, vv. 23-36, 64-72), ambientato nella cornice dei giochi istmici, si presenta ancora più ricco di espressioni colloquiali, tra cui alcune non tollerate in tragedia, rivolte da Dioniso ai satiri che hanno osato sottrarsi al suo controllo. Negli Ichneutai di Sofocle (F 314, vv. 221-242, 251-261), il mito dell’inno omerico ad Hermes riproposto in chiave satiresca, Sileno si pronuncia protettore di un Apollo disperato e ignaro in una scena in cui i due utilizzano la stessa dizione e persino le stesse parole. Del secondo e terzo dramma l’autrice non fornisce dati numerici. Nel quarto e ultimo dramma esaminato in toto dall’autrice, il Ciclope, di cui non è riportato il testo, la lingua accompagna a tono la ben poco eroica Gestalt di Odisseo, articolandosi in una sintassi dapprima frammentaria per l’inquietudine e l’incertezza, che in seguito lascia spazio alla lingua di mercato per la contrattazione degli alimenti con Sileno. L’eroe diventa poi coppiere del Ciclope, infine quasi ‘capobanda’ dei vili satiri nelle operazioni per l’accecamento di Polifemo. Il tutto condito di iperboli, frasi ellittiche, paratattiche, espressioni proverbiali. Qui l’autrice ci offre i dati statistici: di contro ad un solo colloquialismo individuato in Odisseo dagli studiosi, secondo i calcoli dell’autrice il primo classificato per colloquialismi risulta proprio Odisseo con il 32,8% nei versi da lui recitati, seguito da vicino solo da Sileno con il 31%. Sulla base di questi dati relativi ai quattro drammi satireschi esaminati, la tradizionale teoria dei due livelli linguistici non regge. In conclusione alcune utili tavole comparative ricapitolano e schedano i colloquialismi pronunciati dai personaggi del Ciclope. I dati, oltre a offrirci una nuova visione della lingua di quest’ultimo dramma, servono altres a metterci in guardia dall’attribuire con leggerezza battute colloquiali a Sileno e ai satiri. Aggiungerei anche che, nei casi in cui il genere di un dramma sia discusso, questi dati mettono in guardia anche dall’attribuire a cuor leggero battute colloquiali, volgari, di vita domestica o quotidiana a commedie piuttosto che a drammi satireschi, come purtroppo è stato operato sovente nel passato.2 Il lavoro sui colloquialismi delle tragicae personae nei drammi satireschi si rivela quindi molto utile a sfatare una teoria per tener fede alla quale un dramma satiresco potrebbe essere scambiato per una commedia. Lo scrupoloso esame di D. C. conduce il lettore a delle conclusioni estremamente chiare, ma si tratta di una ricerca limitata a brani tratti da soli quattro drammi satireschi e a una tabella sinottica relativa al solo Ciclope. Quindi non ci resta che auspicarci un prosieguo delle ricerche in questa direzione.

Il secondo breve contributo dal titolo Pl. Com. T 6 K.-A. DELENDUM?, opera di G. M. (pp. 69-78), ha per oggetto l’interpretazione della seguente notizia su un Platone tramandata da Cirillo di Alessandria in contra Iulianum 1. 15. 21-22: ὀγδοηκοστῇ ὀγδόῃ ὀλυμπιάδι τὸν κωμῳδὸν Ἀριστοφάνην, Εὔπολίν τε καὶ Πλάτωνα γενέσθαι φασίν. La fonte di Cirillo, il Chronikon di Eusebio a noi accessibile nella traduzione latina di Girolamo, riporta queste notizie sotto la stessa Olimpica ma separatamente: all’Ol. 88,1 Eupolis et Aristophanes scriptores comoediarum agnoscuntur, all’Ol. 88,4 Plato nascitur, dove è da intendersi piuttosto il filosofo (il floruit di Platone comico è indicato altrove, Ol. 81,3). August Meineke, l’editore dei frammenti dei comici greci, interpretò per primo la notizia di Cirillo, senza un esame accurato delle fonti, come un dato sul floruit di Platone comico tra il 428/7 e il 425/4 a. C. e tradusse γενέσθαι nel senso di ‘essere celebre’ riferito ai tre personaggi, sebbene per Platone comico questa sia una data prematura (cfr. FCG I = Historia Critica Comicorum Graecorum, Berolini 1839, 160). In ciò fu appoggiato qualche decennio dopo da Heinrich Gelzer, che leggeva nella versione armena dei canoni di Eusebio – però in traduzione latina – cognitus est, e offrì la seguente ricostruzione della questione: a suo parere Girolamo avrebbe tradotto erroneamente con ‘nascitur’ un presunto verbo γέγονε, trasmesso liberamente dal suo esemplare di Eusebio al posto di un presunto originario ἐγνωρίζετο. La tesi di Meineke è stata seguita dalla maggior parte degli studiosi di teatro antico fino ad oggi (πξγ nonostante essa fosse stata confutata con perizia da Felix Jacoby già nel 1902.3

Al fine di restituire il testimonium a Platone filosofo l’autore riprende le argomentazioni di Jacoby: due manoscritti della versione armena e l’epitome siriaca dei canoni eusebiani riportano in realtà la lezione natus est; inoltre un passo del De civitate Dei di Agostino presuppone il nascitur di Girolamo, per cui l’errore postulato da Meineke e seguaci dovrebbe risalire molto indietro. La tesi di Meineke involverebbe un ulteriore problema: avremmo in Eusebio e quindi in Cirillo due notizie sul floruit di Platone comico (Ol. 88,4 e Ol. 81,3: a quest’ultima data il floruit di Platone comico è indicato erroneamente, forse per uno scambio di arconti, vd. p. 75 n. 32: Cratinus et Plato scriptores comoediarum clari habentur) e una notizia sulla data di morte di Platone filosofo (Ol. 108,4) a cui mancherebbe il pendant sulla data di nascita. L’autore conclude che Cirillo, ‘cucendo’ insieme le due notizie sul floruit dei due commediografi e sulla nascita del filosofo, deve aver conferito al verbo γίγνομαι l’accezione generica di ‘esserci’.

A sostegno della tesi dell’autore ritengo che il floruit di un artista non possa intendersi come la prima apparizione pubblica, ma sottintenda almeno un successo alle gare delle feste Lenee. Qui il floruit del commediografo Platone risulterebbe troppo precoce rispetto alle date di cui disponiamo per le sue vittorie (IG II 2 2325, 63). Mentre Aristofane e Eupoli tra il 427/6 e il 425/4 (IG II 2 2325, 58-59) avevano infatti già ottenuto la loro prima vittoria alle Dionisie, decretando così il loro floruit proprio nell’arco della datazione indicata da Cirillo, Platone comico doveva attendere ancora almeno 5-6 anni prima di vincere alle Lenee, che rappresentavano per gli artisti un trampolino di lancio verso la celebrità e il floruit.

Piuttosto frettolosamente è trattata la questione a mio avviso ardua, senza la quale l’intera problematica non sussisterebbe, riguardo al doppio senso del verbo γενέσθαι in questa frase: una volta con il significato di ‘essere celebri’ per i primi due artisti di commedia, una volta con quello di ‘nascere’ per Platone. La traduzione di γενέσθαι con il senso generico di ‘esserci’ sembra possibile, visto che Cirillo assembla in un’unica notizia passi originariamente disparati, ma si avverte la mancanza di un esame più articolato della terminologia utilizzata da Cirillo.

L’ultimo lavoro Le citazioni dei tragici in Ateneo di P. C. (pp. 79-136 con incluse tabelle delle citazioni), sulla scia di un articolo del 1969 ad opera di Christopher Collard, Athenaeus, the Epithome, Eustathius and Quotations from Tragedy, “RFIC” 97 (1969), 157-169, si propone un riesame del materiale contenuto in Ateneo e una indagine sulle sue conoscenze dei testi di teatro tragico con una interpretazione conclusiva dei dati raccolti, che l’autore avverte essere solo un punto di partenza (da lui già avviato con l’articolo Su alcune citazioni euripidee in Ateneo, “Prometheus” 31 (2005), 263-281):

Naturalmente in questa sede non sarà possibile un esame dettagliato di tutto il materiale; il presente lavoro limitato per il momento a un campione sufficientemente rappresentativo, costituisce più che un punto di arrivo un punto di partenza per eventuali approfondimenti.4

Nel primo capitolo l’autore distingue tre diverse tipologie di citazioni di cui offre varie esemplificazioni: a) “Citazioni con funzione di ornamento retorico”, di cui l’autore indica come sottogenere quelle a carattere gnomico; b) “Citazioni con funzione di sostegno alla discussione”, essenzialmente di interesse linguistico o concernenti usi e costumi; c) “Citazioni appartenenti a personaggi esterni alla cornice”, che casualmente troviamo nel testo per essere portavoce di termini o passi interessanti per Ateneo.

Nel secondo capitolo P. C. procede all’analisi dei “Dati statistici sul materiale” catalogati nelle tabelle in appendice. L’autore riferisce 316 presenze dei tragici, ripartite come segue: 51 per Eschilo, 77 per Sofocle, 76 per Euripide, 97 per i minori, 15 adespote. Di 143 titoli ne appartengono 25 a Eschilo, 43 a Sofocle, 33 a Euripide, 42 ai tragici minori. Ateneo risulta l’unica fonte per 179 citazioni, delle quali circa 70 appartengono ai tragici minori, primi Acheo di Eretria, Ione di Chio, Cheremone. Approfondendo l’indagine sulle citazioni è un dato di notevole interesse che circa un quarto del totale (74 o un terzo cioè 108 se si accogliessero tutte o quasi le 34 incerte e discusse) sia tratto da drammi satireschi, sebbene non sorprenda, data la pertinenza dell’opera di Ateneo alla tematica conviviale. Le occorrenze riguardano soprattutto i tragici minori, di cui Acheo viene al primo posto, poi Eschilo, ultimo Euripide. L’autore documenta con questi dati statistici come la testimonianza di Ateneo sia sorprendentemente aderente alle informazioni che ci vengono dalla tradizione alessandrina. Nel terzo capitolo l’autore conduce un esame sul livello di informazione di Ateneo servendosi anche di citazioni indirette, diversamente dall’indagine di Collard. Segue l’interpretazione dei dati nel quarto capitolo: Ateneo risulta a volte estremamente preciso e dettagliato ( Ἀγήν) a volte vago e trascurante (è il caso soprattutto di Euripide), ma nel complesso affidabile e scrupoloso come si conviene a un erudito. L’autore conduce il lettore per questa via quindi all’identificazione del genere di fonti, risalenti direttamente agli alessandrini nel primo caso per gli interessi linguistico-antiquari di Ateneo, di seconda mano quali florilegi o affini nel secondo caso. A coronamento dello studio segue una utilissima tabella delle citazioni dei tragici in Ateneo con menzione della tipologia, delle edizioni e delle eventuali altre fonti.

I tre saggi uniti in questo volume toccano problematiche molto diverse; in particolare il secondo contributo non è strettamente pertinente alle direttrici tracciate dagli autori nella prefazione e sarebbe più consono ad una miscellanea di studi lessicografici.

Il volume rappresenta un progresso delle ricerche nei seguenti campi: il primo saggio ha il merito di avviare una ricerca sistematica sull’esame della dizione dei personaggi di alcuni drammi satireschi, grazie alla quale presenta dei dati nuovi sui colloquialismi in particolare nel Ciclope, raccolti in una utile tabella sinottica; la ricerca si limita ad alcuni passi scelti a discrezione dell’autrice. Il secondo breve contributo richiama di nuovo l’attenzione su una notizia lessicografica che sarebbe giustamente da attribuire a Platone filosofo piuttosto che a Platone comico. Il terzo saggio avvia un approfondimento sul livello culturale di Ateneo e particolarmente apprezzabili sono anche qui le tabelle conclusive. Nessuno di essi, mi riferisco in particolare al primo e all’ultimo saggio, pretende di essere una ricerca definitiva e in sé conclusa, ma piuttosto costituisce l’apertura di una indagine più ampia.

[For a response to this review by Giacomo Mancuso, please see BMCR 2008.02.04.]

Notes

1. Ma vd. Addenda et Corrigenda per un recente aggiornamento a Stevens da parte di Christopher Collard, Colloquial Language in Tragedy: a Supplement to the Work of P. T. Stevens, “CQ” 55, 2 (2005), 350-386.

2. Un esempio eclatante: vari studiosi, a partire da Casaubon fino a Webster, hanno ritenuto inesatta l’espressa identificazione da parte della Suda α 4265 e di Ateneo dell’ Eracle di Astidamante come dramma satiresco (IX 411a), attribuendo il passo ad una parabasi comica. Tesi che fortunatamente oggi non riscuote più successo, vd. A. Barbieri, In margine ad Astydam., fr. 4 Sn.-K., “Eikasmos” 13 (2002), 121-131. Ma il caso forse più sofferto è quello di Timocle, per l’incertezza sul genere degli Ikarioi Satyroi : vd. B. Snell (c. add. R. Kannicht), TrGF I 86; R. Kassel et C. Austin, PCG VII 754 ss.; P. Cipolla, Poeti minori del dramma satiresco, Amsterdam 2003, 313-331. Das Griechische Satyrspiel, edd. R. Krumeich, N. Pechstein, B. Seidensticker, Darmstadt 1999, lo accoglie solo negli indici. Sulla questione vd. D. Summa, Il caso Timocle: per un riesame delle fonti in: La tragedia greca e latina, le testimonianze archeologiche e iconografiche, Atti del Congresso di Roma Tre (Roma 14-16 ottobre 2004) a cura di A. Martina e A. T. Cozzoli, in preparazione per la stampa.

3. Apollodors ‘Chronik’. Eine Sammlung der Fragmente, Philologische Untersuchungen 16, Berlin 1902 (= New York 1973).

4. Nell’introduzione l’autore fa riferimento all’attenzione focalizzata in tempi recenti su Ateneo scrittore piuttosto che contenitore di opere altrui. Alla bibliografia fornita aggiungerei dei recenti contributi: Chr. Jacob, La construction de l’auteur dans le savoir bibliographique antique: à propos des Deipnosophistes d’Athénée, in: Identités d’auteur dans l’Antiquité et la tradition européenne, edd. C. Calame et R. Chartier, Grenoble 2004; e due saggi raccolti in Selecta colligere, II. Beiträge zur Technik des Sammelns und Kompilierens griechischer Texte von der Antike bis zum Humanismus Hrsg. R. M. Piccione und Matthias Perkams, Alessandria 2005: U. D. Hansen, Mega Biblion-Mega Kakon. Wie bändigt Athenaios sein Material?, 79-96; P. Radici Colace, Sull’undicesimo libro dei Deipnosophistae di Ateneo. Un percorso dentro l’officina della letteratura di raccolta, 97-112. Alla nota 4 l’autore cita un lavoro simile al suo di A. Marchiori su Sofocle a cui è da aggiungere uno più recente della stessa autrice su Eschilo: Ateneo testimone di Eschilo, “Lexis” 22 (2004), 173-190. Ancora in preparazione per la stampa sono gli atti del Congresso internazionale “Les Deipnosophistes d’Athénée de Naucratis” tenutosi a Parigi, Bibliothèque Nationale de France (18-20 décembre 2003) a cura di J. Wilkins e Chr. Jacob; in particolare va segnalato il contributo di J. Thorburn, Tragedians at table.